http://opinione.it/cultura/2017/06/07/elena-d-alessandri_i-figli-della-notte-andrea-de-sica/
Particolarmente suggestiva l’idea alla base dell’opera. Affinché possano essere riportati “sulla retta via”, per poter incarnare un domani la classe dirigente del Paese, alcuni adolescenti – figli di famiglie estremamente ricche (e spesso anaffettive) – vengono confinati dai genitori in un collegio sperduto che possa insegnargli la disciplina attraverso una rigida agenda quotidiana. Una sorta di addestramento all’obbedienza per poter conseguire in futuro l’abilità al comando.
In questo contesto, superato un momento di iniziale smarrimento, Giulio incontra Edoardo. I due hanno personalità profondamente differenti: il primo è orfano di padre e costretto nella struttura per via di prolungati impegni di lavoro all’estero di sua madre. Il secondo viene allontanato dalla famiglia perché vissuto come un peso, un errore. Fragile e introverso il primo, impulsivo ed estroverso il secondo. Nonostante un carattere profondamente differente, i due (i semi-esordienti Vincenzo Crea e Ludovico Succio) in breve tempo diventano amici inseparabili. Nella scuola, le giornate vengono scandite da una stretta disciplina: i ragazzi vivono una sorta di reclusione senza svaghi, con addirittura precise fasce orarie per l’utilizzo del telefono e della rete internet.
Di notte i nuovi arrivati sono oggetto di episodi di bullismo da parte dei veterani. Il preside e il corpo della struttura ben conoscono queste dinamiche (esiste una precisa sorveglianza notturna cui nulla sfugge… peggio del Grande Fratello raccontato da Orwell!), ma non le ostacolano perché ritenute formative e utili a forgiare il carattere. Fughe notturne (anch’esse ben note) permettono a Giulio ed Edo di scoprire un promiscuo club poco distante dalla struttura, popolato di loschi figuri e giovani prostitute, tra cui la ventenne Elena, di cui Giulio non esita ad innamorarsi.
Non manca la suspence e un dipanarsi narrativo carico di pathos: un suicidio, un tradimento, un omicidio, una fuga. Privo di inutili virtuosismi, il film denota una grande abilità del giovane De Sica dietro la macchina da presa. Rigoroso, asciutto, essenziale. Eccellente la scelta dei due adolescenti ma anche dell’educatore Mathias (un misterioso Fabrizio Rongione). Un racconto avvincente, della durata di un’ora e venti minuti, di cui il regista ha curato anche le musiche originali e la sceneggiatura (scritta a quattro mani con Mariano Di Nardo). Se ne caldeggia la visione!
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