#Diario_ Un ‘non tempo’: la quarantena

Ascolto il silenzio della strada, in genere affollata di auto. Ogni tanto lo scampanellio del tram che passa, probabilmente vuoto. E’ lunedì. Il Lunedì dell’Angelo, un giorno di festa in condizioni ‘normali’, che invece si confonde tra i tanti giorni tutti uguali di questa stagione senza tempo chiamata pandemia. Anno domini 2020. Le nostre caotiche routine interrotte d’improvviso sul finir dell’inverno, le nostre vite gettate in un limbo la cui durata è sempre rinnovabile.

Giorni fatti di un tempo sospeso, scandito dal sorgere del sole e dalla conferenza stampa delle 18. Un vero e proprio bollettino di guerra, fino a pochi giorni fa. E’ proprio di fronte alla paura che abbiamo bisogno di conforto, di socialità, eppure sono trascorsi 30 giorni in isolamento, infiniti per i più, ciascuno chiuso nelle proprie mura domestiche, lontano da amici e parenti. E forse altrettanti ne trascorreranno.

E’ trascorsa anche la Pasqua così, sotto traccia. Senza quell’aria di festa, le campane nelle Chiese, i pranzi in famiglia, le uova di cioccolato. L’unica avvisaglia sono state le code più lunghe nei supermercati in vista di due giorni di chiusura. Poi alle 19 i punti vendita abbassano le saracinesche e come in un coprifuoco le strade si svuotano del tutto, il silenzio appare irreale.

La paura serpeggia, la leggi negli occhi di chi nasconde il volto dietro la mascherina, la sciarpa, il foulard. Si resta a casa, anche oggi, ancora oggi, mentre la temperatura si è scaldata, le giornate si sono allungate, la primavera è ormai arrivata. In altri tempi saremmo tutti al mare.

Al passaggio dell’ennesimo tram – sul quale salivo ogni mattina per accompagnare mia figlia a scuola – rifletto sull’irrequietezza che mi circonda. Tutti vogliono uscire, sfuggire alla cattività, riprendere a lavorare, salire in auto e guidare senza meta.

Io sto bene, o quasi. Leggo, scrivo, approfondisco. Non mi sento prigioniera. Il Covid non mi fa più paura di altre patologie, ugualmente drammatiche, ugualmente letali. Ho paura che questo tempo – con tutto il suo carico di dolore e sofferenza per chi ha perso chi amava – passi invano, senza produrre consapevolezza, senza generare un cambiamento.

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