#Diario: Aspettando che il vento cambi

E’ una giornata strana. Mercoledì, anche se in fondo non importa poi molto in questa strana stagione sospesa. La pandemia ha congelato tutto: le nostre routine, le nostre abitudini più banali, il lavoro, gli svaghi, un caffè coi colleghi. Chiusi in casa, con la paura del mostro fuori, quel killer invisibile che incombe come una minaccia, abbiamo perduto il senso del tempo, quasi la nostra vita di prima apparisse come un ricordo sbiadito sullo sfondo, qualcosa di cui sarà difficile riappropriarsi. E mentre i decessi hanno tagliato il triste traguardo delle 25mila vittime, l’emergenza pandemica e sanitaria ha lasciato il passo a quella economica, alimentata da un dibattito di bassa lega, fatto di slogan e di una politica urlata, improduttiva, sterile. Notizie confuse, comitati tecnici, dichiarazioni erratiche, smentite. Ci avviamo ad una ‘Fase 2’ che naviga nell’incertezza. La stessa incertezza in cui versiamo tutti noi.

E nell’attesa di un’estate dai confini sfumati, sembra essere ripiombati in quelle tristi giornate d’inverno.

Piove, senza sosta, da giorni.

Sotto questo cielo grigio che sembra averci privato finanche dei colori, mostrandoci una realtà in bianco e nero, i sogni si mescolano ai ricordi e ai desideri. Il sottofondo della radio si fonde al rumore della pioggia. Il resto è silenzio.

Sul tavolo un album di vecchie foto, una vacanza di tanti anni fa, mia madre.

Il suo ricordo mi travolge, la sua assenza mi trafigge.

Mi soffermo su uno scatto, i suoi capelli scompigliati dal vento. Un traghetto, il mare. L’inizio di una nuova estate. Vorrei essere altrove. Vorrei sentire quel vento che viene dal mare con quell’impeto che sembra trafiggerti, capace di scuoterti dentro, nel profondo.

Vorrei ricominciare. Ancora una volta. Tutto.

E intanto attendo che il vento cambi.