Se Goldoni avesse ambientato “La Locandiera” negli anni ’50

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Immaginate una palafitta sul fiume, ora nave ora locanda e curiosi personaggi insigniti di illustri titoli che si contendono la padrona della locanda, una giovane donna dalle grandi abilità manageriali, rimasta a capo dell’”impresa di famiglia” dopo la morte del padre. Sono gli anni Cinquanta e la locanda “Vecchio Po” – sul delta del fiume da cui prende il nome – è il regno di Mirandolina e dei suoi avventori.

E’ in questa atmosfera che prende vita La Locandiera di Stefano Sabelli, in un adattamento geniale e avveniristico – almeno stando a Goldoni, che scrisse la piéce nella Firenze del 1753. Silvia Gallerano è Mirandolina, una Locandiera combattuta fra tradizione e femminilità emancipata, moderna e sensuale, abile ma priva delle leziosità connaturate in genere al ruolo. Intorno a lei, in questa locanda – una esotica palafitta girevole – si alternano i suoi pretendenti: il Conte di Albafiorita (Giorgio Careccia) un gagà napoletano che tenta di conquistarla a suon di doni e denari, il Marchese di Forlipopoli (Gianantonio Martinoni), nobile squattrinato che cerca di attrarre la “padrona” offrendole la sua protezione. Immancabile il Cavaliere di Riparata (Claudio Botosso), un uomo brutale e scostante che, proprio per la sua ruvidezza, spinge Mirandolina ad usar le sue doti per innamorarlo. Sulla scena ad impreziosire la piéce le due commedianti Ortensia e Dejanira (Chiara Cavalieri ed Eva Sabelli) che si spacciano per “dame”, il fido cameriere – e non soltanto – Fabrizio (Diego Florio), il servitore del Cavaliere di dubbia sessualità (Giulio Maroncelli). E poi, sullo sfondo, il non goldoniano fisarmonicista muto (Angelo Miele), che tutto osserva senza profferir verbo, che traghetta e rallegra gli spettatori con le sue musiche.

Atipica, divertente, una locandiera come non l’avete mi vista. Dopo il suo passaggio romano – alTeatro Vascello dal 19 al 23 dicembre – la piéce prosegue la sua tournèe chiudendo l’anno a Campobasso.

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